IL BRANCO SELVAGGIO
a chi non ha mai smesso di sognare
a chi non ha mai smesso di sognare
Da adolescente la mia grande passione era il fiume.
Ci passavo giornate intere a sognare la mia casetta di legno nel bosco.
Ovviamente, avevo affinato le migliori tecniche di sopravvivenza.
Fra queste quella che mi entusiasmava maggiormente era la pesca con le mani.
So che non ci crederete ma sono capace di prendere i pesci con le mani.
E' una tecnica piuttosto difficile da apprendere che si basa sull'approfondita conoscenza delle abitudini dei pesci e del loro ambiente e su tanta ma tanta pratica.
E' una sfida ad armi pari, senza trucchi né esche o reti.
Tu e lui, il più abile vince e non è facile vincere.
In genere andavamo in gruppo con i miei amici, una quindicina in tutto.
Poi, a pesca finita, accendevamo il fuoco per cuocere e mangiare il pesce pescato così com'era.
Un branco selvaggio, quello eravamo.
Fra tutti il migliore, il più audace (a volte dovevi infilarti in posti che solo a guardarli mettevano i brividi), il più resistente al dolore provocato dalle spine dei rovi immancabilmente presenti era M., un anno più grande di me, capelli a boccoli neri, occhi neri e carnagione olivastra.
Era in assoluta simbiosi con la natura: un animale anche lui.
Sentiva dove stava il pesce ed era lui che ci guidava alla tana.
Perchè i pesci vivono in branco e fanno la tana, sotto un albero adagiato sul letto del fiume o in una grotta scavata dalla corrente.
Quando trovi la tana significa tirarne fuori non uno di pesci ma centinaia.
Lui sentiva la tana.
Incredibile vero?
Ma è così.
M. voleva essere sempre il primo in tutto.
Non aveva paura delle sfide e tantomeno delle novità.
Se c'era un'esperienza da fare non si faceva pregare due volte, anzi ci si immergeva completamente come in grotta.
La grotta è davvero speciale!
Entrare è relativamente facile: ti devi immergere ed infilare con la testa in un buco di 50/100 centimetri e poi ci pensa la corrente a spingerti dentro, dove si apre una camera di qualche metro quadro, parzialmente sommersa che ti permette di respirare.
Ma uscire è un atto di fede: intanto che sei dentro per gran parte del corpo un altro del branco ti afferra per le caviglie e così via, a formare una catena umana, fino a raggiungere l'angolo più lontano della camera, dove i pesci spaventati vanno a rifugiarsi.
La corrente contraria è così forte e la posizione assunta è tale che solo chi sta fuori può tirarti indietro.
Nella vita M. scelse di esplorare la grotta sbagliata e nessuno riuscì a tirarlo fuori.
Se ne andò diversi anni fa e con lui altri ragazzi del branco.
Qundo la nausea e lo schifo d quegli avvenimenti erano tali da potermi inaridire per sempre, a darmi coraggio, inarrestabile e inaspettato, montava l'originario ricordo del branco, con tutta la sua forza invincibile e l'eccezionale ed intatta selvaggia bellezza.
Così voglio ricordarli: i sognatori del branco selvaggio.
D.Gigli, "Pesci, uomini e lupi", L'orecchio di Van Gogh (Ancona 2005)
..mi sono emozionata...non smettere di scrivere e di sognare....Daria
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